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Alessandro Vitale. Ortodossia e identità. Da Tellus 17
Il saggio di A. Vitale, con relativa nota bio, è stato pubblicato su
Il saggio di A. Vitale, con relativa nota bio, è stato pubblicato su 'Tellus' 17, 1996 
15 Gennaio 2010
 

La religione ortodossa ha giocato un ruolo determinante nel corso della storia europea e mondiale. Le aree geografiche che ne sono state profondamente segnate, dalla Grecia alla Russia, al Medio Oriente, oggi stanno recuperando caratteristiche che sembravano definitivamente sommerse.

Nel periodo attuale, di “revival etnico” e di “etnonazionalismo” capace di trasformarsi, in presenza di determinate, specifiche condizioni, in “etnopolitica” (che si caratterizza proprio per il suo legame diretto con l'azione politica), quell'universo composito è senza dubbio rinato e riprende ad influenzare la politica mondiale. Si può infatti parlare oggi di fase di “ripoliticizzazione dell'Ortodossia”, che in parte deriva dal ruolo svolto dal nazionalismo negli ultimi due secoli nella costruzione dell'identità ortodossa dei singoli popoli.

Nonostante il fatto che una delle caratteristiche centrali dell'Ortodossia sia l'universalismo, infatti, la Chiesa ortodossa è sempre rimasta legata in vario modo alle vicende etnonazionali delle comunità nelle quali come organizzazione istituzionale era ed è oggi diffusa.

L'altalena fra religione “plurinazionale” e imperiale-universale da una parte, in quanto di diretta derivazione dall'unico “vero” Impero Cristiano universale (quello bizantino) e religione basata sull'esistenza delle chiese nazionali fortemente radicate in ambiti particolaristici dall'altra, non è mai cessata nel corso del processo storico ed oggi riaffiora in modo contraddittorio e instabile.

 

 

1. Specificità della via ortodossa al divino.

 

Parlare della religione ortodossa in esclusivi termini teologici od ecclesiologici non è sufficiente per comprendere la complessità estrema della sua storia, del suo sviluppo e della sua dinamica attuale. La separazione dell'Ortodossia dalle altre confessioni è il risultato di un lungo processo storico, nel corso del quale si è avuta una commistione spesso indistricabile fra divergenze dottrinali e fattori politici e culturali unificanti e diversificanti. La stessa rottura, del resto, fra il Papato e l'antico Impero Romano di Costantinopoli (la data ufficiale è il 1054) ebbe fin dall'inizio alla sua base caratteristiche eminentemente politiche, ma anche incrostazioni teologiche che fino ad oggi hanno formato un conglomerato complesso e difficile da analizzare separatamente nei suoi elementi costitutivi. La sola frattura dell'unità dell'Impero cristiano, poiché significava rottura dell'unità del popolo di Dio, diede alla scissione un significato pienamente religioso. D'altra parte la vicenda della Quarta Crociata, che mise a sacco Costantinopoli installandovi un Imperatore latino rimarrà come una ferita, inferta da un nemico tipicamente politico, mai rimarginata in tutta l'Ortodossia per secoli.

Indubbiamente i fattori essenziali della separazione fra i due mondi della Christianitas furono di ordine dottrinale: essi si basarono su concezioni differenti del mistero della Santa Trinità e sulla struttura della Chiesa. Il ruolo del Papa nella Chiesa (la sua primazia e infallibilità) è rimasto il problema maggiore e insuperabile nell'ambito della divisione fra le confessioni. Si aggiunsero poi altre questioni e divergenze relative ai riti e ai costumi ecclesiastici. Prima fra tutte quella del battesimo: la tripla immersione ortodossa, molto più aderente alla tradizione biblica rispetto ad esempio alla pratica cattolica attuale, venne sostituita nell'Occidente latino dal versare un po' d'acqua sul capo del neonato. Sul piano dottrinale la distanza fra mondo occidentale latino e mondo ortodosso andrà aumentando sempre più nel corso del Medioevo. L'elaborazione poi da parte della teologia scolastica di una concezione tecnicamente sofisticata della Trinità non farà che accentuare la distanza fra i due mondi, rendendo le nuove elaborazioni dottrinali e dogmatiche cattoliche inassimilabili per l'Ortodossia.

La via dell'Ortodossia al divino possiede comunque specificità ben precise che influenzano la mentalità delle popolazioni fra le quali è diffusa. L'Ortodossia si considera erede diretta dei Padri della Chiesa (soprattutto Basilio di Cesarea, Gregorio Nazianzeno, Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo) e dei grandi Concili ecumenici che si sono riuniti in Oriente durante i primi otto secoli. Il rapporto con la Tradizione non viene vissuto come una sterile ripetizione o un conservatorismo acritico, ma come un modo abbastanza dinamico di apprendimento e di accesso alla Rivelazione, via ispirata dallo Spirito Santo nella Chiesa, che permette un adattamento permanente alle situazioni storiche, innovando e stimolando il pensiero teologico e la stessa ricchissima creatività artistica (espressa mirabilmente nelle icone), letteraria e poetica. L'Ortodossia è segnata da una forte sensibilità liturgica, che rappresenta la sua stessa Weltanschauung. Questo significa che la liturgia divina (Eucaristia) viene considerata come la sintesi delle riflessioni teologiche e dell'esperienza spirituale. In tal modo si ha uno stretto legame fra via dei cristiani e via della Chiesa.

Fra le caratteristiche più affascinanti della visione ortodossa vanno poi annoverate sicuramente il culto della bellezza come suprema forma di moralità (si pensi alla magnificenza dei monumenti e delle chiese, che non conoscono austerità, vissuta invece, come nella fase attuale post-totalitaria che vede la paziente ricostruzione di chiese depredate e distrutte, come profonda devastazione, anche interiore); poi il senso dell'eternità, che si fonde con la terra (soprattutto in Russia), per definizione senza confini, in quanto corrispondente all'"Impero universale" di origine bizantina. La Chiesa ortodossa è stata sempre reticente a produrre grandi trattati di morale prescrittivi. Essa si sforza di precisare il senso, alla luce del Vangelo, e di appellarsi alla responsabilità della persona, lasciandole la decisione in base alla sua propria coscienza.

Tuttavia il problema della aderenza dell'Ortodossia alla politica rimane una questione centrale ed ancora non pienamente risolta. Il clima di sospetto e di diffidenza fra Ortodossi ed altre confessioni cristiane rimarrà intatto per secoli, proprio a causa della commistione fra elementi politici, di risentimento nei confronti dell'Occidente, ed elementi teologico-dottrinari, che caratterizzano un diverso "accesso" ortodosso al divino. L'attuale tendenza cattolica alla riconciliazione continua ad essere vista ad esempio come la pretesa di una confessione ancora estremamente distante storicamente e culturalmente, su una terra infidelis e su una terra missionis (come accade per esempio attualmente in Russia). Un aspetto, questo, che accentua vertiginosamente i contrasti potenziali fra l'Ortodossia e le altre confessioni cristiane.

 

 

2. Ortodossia e identità

 

Il crollo dei regimi amministrati dell'Est europeo, questo è diventato ormai un luogo comune pur non perdendo un valore di verità, ha prodotto una crisi epocale di identità nelle popolazioni di tradizione religiosa slavo-ortodossa. In parte questo vuoto è stato riempito dall'appello ai valori tradizionali, alle radici etniche (peraltro in Russia difficilmente identificabili poiché strettamente connesse con lo stesso Stato Imperiale, che è stato fattore di “etnogenesi”), ai modelli patriarcali e alla tradizione religiosa. In effetti la pubblicazione di opere di cultura ortodossa per più di mezzo secolo proscritte, ha portato ad una rinascita dell'identità di popoli interi, imbevuti per secoli di quella cultura. Tuttavia, la forte commistione fra religione e politica nel mondo ortodosso slavo e soprattutto in Russia, ha portato alla necessità continua di spingersi verso nuovi confini identitari, più definiti e soprattutto a quella di ridefinire il rapporto fra Occidente e mondo ortodosso, fra tradizione ortodossa e civiltà occidentale. Questo processo dura tuttora. Esattamente come sul piano politico le istituzioni politiche occidentali vengono considerate come non assimilabili nell'Oriente ortodosso, così le tradizioni religiose appaiono sempre più differenti, inassimilabili, indigeribili, quando non addirittura totalmente incompatibili con l'Ortodossia. Si ha così, sul piano dell'identità, una continua osmosi fra piano politico (ma anche economico: si pensi ai continui avvertimenti delle gerarchie ecclesiastiche ortodosse per la difesa dalla società di massa e dagli influssi ritenuti negativi dell'economia di mercato) e piano religioso. Si ottiene pertanto una forte influenza delle caratteristiche nazionali su quelle religiose, che in parte subiscono l'impronta delle nazioni alle quali le chiese ortodosse appartengono e che soprattutto nel XIX secolo avevano favorito la formazione di chiese autocefale a forte impronta nazionale e sempre più lontane dall'universalismo ortodosso.

Comunque, oggi si può parlare di ripresa identitaria ortodossa non solo perché l'Ortodossia riemerge sulla scena politica europea come insieme di chiese autocefale, ma anche come autentica forza politica potenziale nel campo delle relazioni e della politica internazionali. Un segnale fondamentale di questo processo è stato offerto dal riunirsi nel 1992 della Conferenza dei dodici patriarchi ortodossi a Costantinopoli: era la prima volta dopo il Concilio di Nicea (787). Elementi di universalismo ortodosso continuano a sopravvivere e, non meno di quelli più connaturati al carattere nazionale delle singole chiese ortodosse, rimangono fattori di confronto e di conflittualità potenziale con l'Occidente cristiano.

L'identità favorita dall'Ortodossia ha però ragioni molto profonde, che spiegano anche la commistione fra identità religiosa e identità di popoli insediati su un preciso territorio.

 

 

3. Identità ortodossa e valore della terra.

 

In nessun'altra area come in quella di tradizione ortodossa il problema della terra intesa come in russo «Imperskaja zemljà» (“terra imperiale”), sacra per definizione, riveste tanta importanza. La “riterritorializzazione della politica”, tipica del periodo “post-bipolare”, appare non a caso in quest'ambito macroscopica e gravida di conseguenze che possono essere anche drammatiche in termini di conflitti sanguinosi (conflitto serbo-croato e serbo-bosniaco, repressione della secessione cecena in quanto "amputazione" di una parte della terra “rossijskaja”, cioè “russa imperiale”, ecc.) per ragioni identitarie legate al valore sacrale del territorio. Simboli religiosi e tradizioni politico-militari diventano fattori di identità indistinguibili.

Il pensiero imperiale-territoriale, di matrice religiosa, è infatti centrale nella concezione ortodossa e nella cultura politica di stampo bizantino-ortodosso la terra assume un carattere sacrale, che ne determina non solo l'inviolabilità, ma anche la santità perfino quando si tratti della sua espansione, vista come naturale estensione della vera ed unica Christianitas: la «Svjataja Russkaja Zemljà» (“Santa Terra Russa”) è ad esempio speculare alla «Srpska Sveta Zemlja» (“Santa Terra Serba”). Centrale diventa allora su più livelli sia la ricomposizione dello spazio imperiale frammentato (soprattutto quando risulta profondamente vulnerato, come nell'attuale fase storica di smantellamento degli imperi plurinazionali), che può articolarsi lungo il continuum che va dalla ricompattazione di singoli Stati nazionali appartenenti al mondo ortodosso alla ricomposizione imperiale di un Grossraum ("grande spazio") sotto le insegne dell'universalismo (che fa capo, come si è visto, strutturalmente a quel mondo), sia la spinta verso l'espansione territoriale perfino in ambiti non tradizionalmente ortodossi, da evangelizzare.

In nessun altro ambito come in quello di tradizione ortodossa è divenuta centrale nella mentalità ricreatasi dopo la fine del conflitto Est-Ovest, la rivendicazione e la liberazione di territori “storici”, di “territori-simbolo”, sui quali vanno fatti valere “diritti storici” (il Kosovo, detto anche dai serbi “Serbia antica”, la Macedonia, la Crimea, l'Ucraina, ecc.). In ambito ortodosso contano sempre di più le rappresentazioni del territorio, le percezioni culturali dei rapporti spaziali, le “immagini”, le “mappe mentali”, i miti geografici sottostanti alle “geografie leggendarie”, costituitesi nel corso di secoli e rinforzate dalle vittorie nelle guerre contro popoli limitrofi.

Quello che va rilevato è che l'identità che si struttura nel campo dell'Ortodossia è tutta innervata di queste percezioni mitologiche a sfondo religioso-nazionale, che sono per loro natura “imperiali”, in quanto di diretta derivazione imperiale-bizantina..

Sono proprio questi fattori, legati a filo doppio alla loro origine ideologica politico-religiosa, che possono spiegare la natura della imperskoe myshlenie (“pensiero imperiale”) russa, della Nachertanje (“progetto”, imperiale-territoriale) serba o della Megalè idea greca (anche questa di carattere universalistico). A fronte della straordinaria “tempesta geografico-politica post-bipolare”, di spazi e frontiere sempre più incerti, della formazione di sistemi regionali già visti o inediti nella storia, della trasformazione di confini regionali-amministrativi in discussi confini statuali, della moltiplicazione delle énclaves etniche, delle “zone franche”, tutte insofferenti dei forzati processi di unificazione e di omogeneizzazione messi in atto dagli Stati nazionali e imperiali, quelle "rappresentazioni" riemergono alla superficie del processo storico con tutta la loro forza.

L'esplodere delle pluralità etnico-culturali, che chiudono la via a tutte le unificazioni forzate, imperiali o meno, a quella reductio ad unum che spiana le differenze, riporta però alla luce anche quelle singole culture che hanno nel loro “patrimonio genetico” la vocazione imperiale e unificatrice dello spazio, riproponendo in tal modo “linee di faglia” storicamente consolidate. Queste strutture psicologiche innervate di cultura politica, hanno radici antichissime, che ne spiegano la permanenza e la ciclica risorgenza.

 

 

4. Ortodossia, tradizioni culturali, pan-slavismo.

 

Come è accaduto nell'Occidente cristiano, anche nell'Oriente ortodosso quello che si trasforma in forza identitaria prima e politica poi è un autentico conglomerato di dogmi teologici secolarizzati, composto di miti e di ideologie sacrali, capaci di innervare profondamente la politica interna ed internazionale. Naturalmente l'estensione dello spazio ortodosso deve far tener conto delle profonde diversità storiche esistenti fra le aree nelle quali l'Ortodossia è diffusa (dall'Europa slava e non, all'Asia, al Medio Oriente, all'Africa, all'America e all'Oceania). La questione delle tradizioni culturali si presenta infatti in modo molto diversificato a seconda dei singoli Paesi; non di meno possono essere individuati alcuni minimi comun denominatori, derivanti dalla stessa tradizione storica imperiale bizantina, che continuano a rendere efficace la forza identitaria e aggregante dell'Ortodossia.

Risulta infatti certo che sul piano dell'identità giochino un ruolo determinante, nel complesso mitico-simbolico e di autoidentificazione ortodosso, l'insieme delle caratteristiche che l'idea imperiale, fortemente religiosa, ha assunto nel periodo bizantino e che si sono trascinate nel processo storico fino ad oggi. Basterebbe pensare all'idea della perennità e indistruttibilità dell'Impero, destinato a risorgere sempre in quanto "sacro", strumento "divino" ed elemento di guida e di salvezza dell'insieme territoriale-imperiale, costantemente ridotto a metafore “organicistiche” (l'Impero come un “corpo” vivente); oppure all'idea dell'Impero come titolare esclusivo e paladino del Cristianesimo. L'idea che la terra imperiale sia “sacra”, perché assegnata da Dio per l'eternità e perché l'Impero è l'autentica “Città di Dio”, l'unica monarchia terrestre, riflesso dell'unico Impero celeste è un altro aspetto determinante, insieme all'idea in base alla quale la potenza imperiale dello Stato significa la potenza della Chiesa. Non meno importante e diffusa nella sfera ortodossa è poi l'idea del “destino imperiale”, trasmesso da Roma a Bisanzio: il ruolo di quest'ultima va rivendicato pienamente. Sono espressione di questa concezione la dottrina della Translatio Imperii (Bisanzio come “Nuova Roma”, Mosca come “Terza Roma”, ecc.) nei Paesi di cultura bizantino-ortodossa.

Appare comunque indubbio che nell'epoca contemporanea vi sia un risveglio dell'universalismo imperiale ortodosso. Riaffiorano infatti linee divisorie di civilizzazione che sembravano cancellate e che invece erano state soltanto oscurate nel periodo della guerra fredda. In effetti, la crisi del particolarismo statuale moderno tende a risvegliare l'universalismo ortodosso, di stampo medievale, nel quale non c'era alcuna distinzione fra obbligazione politica ed obbligazione religiosa. Essendo rimasto quello bizantino «l'ultimo Impero sulla Terra», esso ha il diritto di governare tutti i popoli che appartennero all'orbis romano, divenuto parte dell'ecumene cristiana. Tuttavia, quella ortodossa rimane una concezione imperiale ancora fortemente impastata con il nazionalismo esclusivo dei singoli Paesi sviluppatisi nel corso del XIX secolo in seguito ai moti delle nazionalità: un fattore quest'ultimo che crea un “corto circuito” permanente con l'affermazione dell'universalismo stesso.

Per questo, pan-slavismo e pan-ortodossismo oggi rimangono più entro una cornice formale e propagandistica che ben piantati su una base d'azione politica effettiva ed efficace. La forza politica dell'Ortodossia rimane ancora allo stato potenziale, nonostante la sua potente capacità di identificazione. Il pan-ortodossismo secolarizzato e laico attuale vede l'Impero più come una specificità “nazionale” che come un'autentica dimensione universale, com'era alle sue origini. L'Ortodossia è stata cioè progressivamente confinata nel quadro di uno Stato, di una nazione, entro frontiere statuali precise, sottomessa all'autorità di un Patriarca indipendente. L'universalismo ortodosso si scontra oggi col fatto che le chiese ortodosse non sono organizzate attorno ad un centro unico, ma sono tendenzialmente indipendenti ed autocefale. In ambito russo si hanno addirittura due patriarcati: quello moscovita, che sta scontando non poco le passate compromissioni con il regime sovietico e quello dell'emigrazione. Il processo di secolarizzazione in realtà ha investito in pieno anche il mondo ortodosso, che sempre meno oggi riesce a resistere alle pressioni esterne ed a quelle disintegratrici interne. Purtuttavia questo fatto potrebbe anche finire per accentuare le conseguenze politiche della tradizione politica imperiale ortodossa a scapito della ricchezza spirituale universalista che quella religione ha sempre posseduto. Più che l'universalismo ortodosso, capace di unire l'intero universo di questa civiltà, potrebbe affermarsi oggi, lungo linee simili al passato, una ripresa neo-imperiale ortodossa in alcune aree regionali dominate da quella cultura, previa una possibile unione di più Paesi (ma non di tutti) sotto un'unica bandiera religiosa.

Comunque il limes occidentale dell'Ortodossia non separa solo due ambiti territoriali, ma due concezioni dell'uomo e della politica. Questo non va certo dimenticato, così come non va dimenticato che l'Impero viene inteso nella concezione bizantino-ortodossa anche come un "baluardo contro l'Anticristo". Le prospettive di conciliazione fra confessioni cristiane differenti rimangono limitate in una fase come quella attuale di ripoliticizzazione dell'Ortodossia all'insegna del nazionalismo, che per sua natura è in questo ambito "imperiale" ed espansivo.

 

Alessandro Vitale

 

 

 

 

Alessandro Vitale è Ricercatore dell'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di Milano. È autore di numerosi studi e saggi sui problemi della politica interna, militare e internazionale dei paesi dell'area eropeo-orientale e dei processi post-imperiali nell'area ex-sovietica. Tra questi ricordiamo il saggio introduttivo al volume di F. Thual, Geopolitica dell'ortodossia, SEB, Milano 1995, dal titolo “Terra e impero. L'ortodossia fra particolarismo e universalismo nell'esperienza politica mondiale del secondo millennio”.


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