Una nostra socia ci ha fatto pervenire la sua testimonianza in merito all’attività alternativa di chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica.
Sua figlia frequenta il secondo anno in un istituto superiore di Sondrio e, sia quest’anno che l’anno scorso, ha scelto, in accordo con la famiglia, di non frequentare l’IRC scegliendo in alternativa lo studio individuale senza docente.
Dopo poche settimane dall'inizio della scuola la nostra socia guardando nel sito dell'Istituto si imbatte in una comunicazione che al punto 1. recita: «Gli alunni che non si avvalgono della religione cattolica, durante le lezioni, possono sostare negli appositi spazi nei corridoi dove sono locate le proprie classi, fino a nuove disposizioni che saranno fornite dai docenti», Ovviamente la signora rimane allibita di fronte alla terminologia usata ed offesa per la discriminazione che sua figlia e tutti coloro che non si avvalgono, subiscono per la scelta fatta.
Decide allora di attendere la nuova circolare che dopo pochi giorni sua figlia le recapita a casa; il testo recita: «Si segnala che l’ora di insegnamento di Religione Cattolica nella classe …… Si svolgerà il ………, pertanto in quell’ora l’alunna svolgerà la richiesta attività sostitutiva in uno spazio appositamente destinato all’interno della scuola».
A quel punto sente il bisogno di interloquire con la dirigente scolastica, per capire meglio e per verificare quale sarà lo spazio destinato per lo studio individuale (visto che anche l’anno precedente l’ha passato nel corridoio).
La dirigente, molto tranquillamente, le conferma che lo spazio destinato è e sarà il corridoio perché non ci sono aule o altri spazi a disposizione, la nostra socia propone allora di usare la biblioteca, individuandola come possibilità più dignitosa ma la dirigente boccia la proposta dicendo che non disponendo personale che possa accompagnare le ragazze in biblioteca non è possibile ipotizzare tale soluzione, inoltre chiude la conversazione in modo frettoloso senza lasciare spiragli per argomentare.
La nostra socia non cede e nel primo consiglio di classe lei e il marito decidono di portare a conoscenza di tutti i genitori presenti la loro esperienza chiedendo al coordinatore di classe come mai chi non si avvale dell'IRC e sceglie lo studio individuale stia nel corridoio e sottolineando la profonda discriminazione e il poco rispetto che l'istituzione scolastica evidenzia verso chi compie, legittimamente, scelte “diverse”.
Rimarcando quindi che la scelta del corridoio è illegittima, i nostri soci chiedono come mai avviene che a chi sceglie un'opportunità prevista all'atto dell'iscrizione e pienamente consentita, non viene offerta alcuna attività strutturata e, almeno, degli spazi dignitosi per lo studio individuale?
Argomentano, inoltre, che sarebbe un segnale positivo se gli insegnanti di un liceo assumessero posizioni, neanche più laiche (...forse ciò è troppo), ma almeno più rispettose e congruenti con il mandato istituzionale. All'interno dell'assemblea solo un genitore interviene appoggiando la richiesta dei nostri soci. Il coordinatore restituisce allora che metterà a verbale la loro richiesta e ne parlerà con la dirigente.
Sapete cosa è successo dopo qualche giorno?
Arriva una nuova comunicazione nella quale «Si comunica che a partire da…… e per l’intero anno scolastico sua figlia potrà utilizzare la Biblioteca di Istituto durante l’ora di insegnamento della Religione Cattolica (non si riesce neanche a scrivere in alternativa...), come richiesto nell’assemblea dei genitori. Durante la permanenza sarà assicurata la vigilanza da parte della signora …... (personale di segreteria) e saltuariamente dal coordinatore di classe».
I nostri soci hanno deciso di dare visibilità a questo successo «perché è importante sapere che c’è chi fa valere le proprie scelte, per altro legittime, all’interno della scuola avendo poi un riscontro positivo. Il diritto alla libertà di coscienza è un diritto non negoziabile, riguarda la singola persona e non può essere questione di maggioranza o minoranza».
In conclusione questa storia, una fra le tante, ci permette meglio chiarire alcuni aspetti e alcuni assunti teorici che sostengono le scelte delle famiglie nostre associate e di tante altre persone che, associate non sono, ma che esprimono di condividere alcune delle nostre battaglie di civiltà.
Sicuramente non è facile “alzare la mano” e dire “ci sono anch'io”: si fa fatica e non è facile elaborare l'amarezza quando si constata che, al di là delle altisonanti enunciazioni sulla “collaborazione scuola-famiglia” e sulla necessità che “queste due importanti agenzie educative dialoghino”, l’incontro dialettico con insegnanti e Dirigenti è spesso difficile.
La sensazione è quella di “rompere”, di disturbare il tranquillo corso delle lezioni, delle attività: spesso assistiamo ad un equivocare (comodo?) le nostre posizioni e le nostre richieste, che si traducono sostanzialmente nel mostrarci visibili come identità “altra”.
Ai genitori, come associazione, abbiamo offerto la nostra solidarietà rispetto alla fatica che spesso si prova nel dover costantemente “alzare la mano” e dire “ci siamo anche noi, ci sono altri valori e ci sono soprattutto i valori condivisi” valori racchiusi nella Carta Costituzionale che non basta regalare ai giovani quando compiono i 18 anni ma che andrebbero spiegati, interagiti, vissuti e coerentemente assunti da tutte le istituzioni che il cittadino incontra, dalla scuola soprattutto in quanto istituzione che ha il compito di formare i cittadini.
Vorremmo che la scuola non desse per acquisito una sorta di atteggiamento tollerante e così evitasse di confrontarsi con le sfide del quotidiano che concretizzano gli assunti educativi.
Essere laici e assumere il concetto di laicità non si realizza nel definire la scuola come pubblica e naturalmente laica ma significa interrogarsi sui problemi che le idee (tutte!) pongono e trovare prassi educative che non escludano alcuno.
a cura della Segreteria di Scuola e Diritti