Abbiamo avvicinato Domenico Vecchioni, funzionario del Ministro degli Esteri che per quattro anni ha prestato servizio all’Avana, per farci raccontare la sua esperienza a stretto contatto con la realtà cubana. Il risultato finale è stata un’interessante intervista che conferma un quadro noto, ma spesso non accettato da parte dell’opinione pubblica italiana. Ve la proponiamo nella sua globalità.
– Chi è Domenico Vecchioni e qual è stato il suo rapporto con Cuba.
Ho svolto le funzioni di ambasciatore dall’ottobre 2005 all’ottobre 2009. Quattro anni di intenso lavoro durante i quali ho cercato di non limitare i miei contatti con le autorità governative e i colleghi diplomatici, ma ho voluto anche avvicinarmi alla gente, alla popolazione, al meraviglioso popolo di Cuba, splendido esempio di vitalità, di ottimismo e di resistenza alle avversità della vita. Un rapporto forte, intenso, variegato, fatto anche di rispetto per la straordinaria cultura del paese, ammirazione per l’arte genuina che sprigiona lo spirito dell’isola, per l’eccezionale creatività di cui danno dimostrazione i cubani. Un rapporto dove però si mescolano anche sentimenti di rammarico quando penso alle potenzialità non sfruttate, alle possibilità non realizzate, alle ali tarpate di un paese che avrebbe tutti i requisiti per tornare a figurare tra le nazioni più sviluppate dell’America latina. Sì, perché occorre considerare che la Rivoluzione ereditò un paese che, all’epoca, faceva concorrenza sul piano economico alla stessa ex madre patria. Nel 1948, tanto per dare un esempio, Cuba aveva un reddito medio pro-capite (341 dollari) superiore a quello della Spagna (222) e dell’Italia (242). Certo, un paese con disparità sociali notevoli, ma che vantava una struttura agricola, industriale e dei servizi degni degli stati più avanzati. Cinquant’anni dopo gli squilibri sociali sono stati indubbiamente corretti, ma con una tendenza al livellamento verso il basso, con un generale impoverimento della popolazione e del paese: l’agricoltura è in ginocchio, l’industria inesistente, i servizi mediocri e limitati. Il paese è a rischio bancarotta. Colpa dell’embargo americano? Solo in parte, credo.
– Quale impressione ha ricevuto del regime cubano durante questi anni di servizio prestati all'Avana per conto del governo italiano?
L’impressione è che il regime sia tutto proteso a perpetuare se stesso, pur rendendosi conto della necessità di riforme e di cambiamenti che ridiano fiato alla disastrata economia e creino valvole di decompressione sociale… Ma teme che aprendo una finestra, il vento possa spazzar via tutto l’edificio... È molto difficile gestire “aperture” economiche limitandole e indirizzandole a seconda delle convenienze del momento. Non mi pare che nella attuale dirigenza ci siano candidati pronti a recitare la parte di un “Gorbaciov dei Caraibi”. Il regime non intende suicidarsi. Si rende ben conto che aperture economiche inevitabilmente porterebbero a richieste di aperture politiche e… Cuba non è la Cina. Il sistema cinese (apertura in economia, chiusura sul fronte politico), cui pure gli osservatori fanno spesso riferimento, non penso funzionerebbe all’Avana. Gli Stati Uniti sono troppo vicini, i cubano-americani troppo numerosi e pronti a “ritornare”, il sistema politico, con la progressiva uscita di scena del sempre carismatico Fidel Castro, troppo debole. Il risultato per ora? Un sostanziale immobilismo.
– In quali condizioni vive la popolazione cubana?
La popolazione cubana vive in condizioni difficilissime, spesso drammatiche. Quando si pensa a Cuba bisognerebbe forse tenere a mente che si tratta di un paese dai diversi e contraddittori volti: c’è la Cuba “turistica” dalle spiagge bianche e dal mare blu, c’è la Cuba “mistico-rivoluzionaria” di Plaza de la Revolución e dei giovani in provenienza da tutto il mondo che indossano le magliette di Che Guevara senza sapere esattamente chi era, c’è la Cuba di sempre, dell’arte, della musica, del cinema, del sincretismo, delle ragazze stupende ecc. ma c’è anche la Cuba dei… cubani, la Cuba di tutti giorni dove sopravvivere è un esercizio di prestidigitazione, periglioso e stressante. La Cuba dove un medico (in genere bravo e specializzato) guadagna 30 (trenta!) dollari al mese mentre un cameriere d’ambasciata ne intasca 200, dove la massima ambizione dei giovani (in genere colti e laureati) è di lasciare a ogni costo il paese o di trovare un qualsiasi lavoro, anche di basso livello, nel settore turistico o delle imprese straniere (per non parlare delle ambasciate), dove i salari sono 10 volte superiori a quello che guadagnerebbero facendo i medici, i professori universitari, gli ingegneri, i ricercatori ecc. Ma, si potrebbe obiettare, 30 dollari potrebbero essere sufficienti per vivere dignitosamente in un paese dove l’alloggio, l’istruzione, l’assistenza sanitaria sono totalmente gratuiti, dove la tessera annonaria (la libreta) garantisce a tutti il cibo minimo indispensabile a prezzi politici. Anche se spesso la dieta del cubano non è certo molto salutare, costretto in pratica a mangiare riso e fagioli tutti i giorni, due volte al giorno. Il problema è che è fallito il sistema (forse unico al mondo) di due monete circolanti nel paese con il fine di creare due distinti circuiti: uno per gli stranieri (il peso convertibile) e uno per i cubani (il peso nacional). Come dire, gli stranieri paghino il prezzo forte in tutto (persino le tariffe telefoniche o dell’elettricità sono diverse a seconda se si è cubani o stranieri) mentre i cubani usufruiscano di prezzi favorevoli nei circuiti a moneta nazionale. Ma appunto il sistema non ha funzionato: anche il cubano che vuole procurasi beni essenziali è costretto ad approvvigionarsi presso i negozi e i supermercati, sempre più numerosi, che vendono in moneta forte,con prezzi di livello europeo. Un medico quindi, con i suoi 30 dollari mensili, riempie un ben misero cestino per la spesa di un giorno! Cosa fare allora? Si “arrangia”, “resuleve”, arrotonda… Ma questa è un’altra storia.
– A Cuba ci sono effettivi segnali di cambiamento?
Con l’avvento del Presidente Raúl Castro sembrava fosse finalmente iniziata la stagione delle riforme e dei cambiamenti. Nel corso di poche settimane, nei primi mesi del 2008 furono adottate misure che avevano aperto orizzonti di grandi speranze (maggiore autonomia decisionale dei contadini in agricoltura, accesso generalizzato a cellulari e computer - pur senza internet -, ammissione dei cubani negli alberghi turistici - prima vietata -, una certa elasticità per attività individuali - i cuentapropistas – ecc.). Altre significative misure erano date per imminenti: possibilità di comprare auto e case, abolizione del permesso di uscita, libero movimento all’interno del paese, razionalizzazione della pubblica amministrazione, snellimento delle procedure, miglioramento dei servizi offerti alla popolazione ecc. Ma la stagione delle riforme si concluse molto precocemente e ci si è in pratica fermati alle prime, limitate misure che non possono essere considerate quelle “riforme strutturali e concettuali” che auspicava lo stesso Raúl Castro in uno dei suoi primi discorsi da Presidente. Probabilmente strada facendo è riemersa la contraddizione di sempre: come modificare un sistema rigido, senza rischiare di romperlo e di compromettere il “modello cubano”? Quindi …meglio aspettare.
– Ha conosciuto Yoani Sánchez e gli altri blogger indipendenti? Come vivono? Rischiano molto per svolgere la loro attività?
Ho conosciuto e più volte incontrato Yoani Sánchez. È una giovane donna preparata, determinata, equilibrata e molto coraggiosa. Contrariamente a quanto spesso si dice sul suo conto, non credo la si possa considerare una “dissidente politica”. Yoani non fa politica. Si limita a descrivere (fortunosamente, non potendo disporre di internet) nei suoi blog la vita e le difficoltà di tutti i giorni a Cuba, con lo sguardo fresco, disincantato, spesso ironico - a questo forse si deve il suo straordinario successo internazionale - di una giovane interessata a denunciare assurdità, storture e sfasamenti del sistema amministrativo e sociale del paese, che potrebbero essere facilmente corretti senza intaccare le fondamenta del regime, ma renderebbero almeno ai cubani la vita molto più “vivibile”. Prova il dialogo e la moderazione. Opera tra mille difficoltà e boicottaggi di diverso genere e la sua situazione da un po’ di tempo a questa parte si è fatta precaria. Non le consentono nemmeno di recarsi all’estero per ritirare i significativi riconoscimenti che le sono stati accordati in diversi paesi, in special modo in Spagna e negli Stati Uniti. Recentemente è stata oggetto di un pestaggio in piena regola, chiara intimidazione a lasciar perdere il suo blog... Ma, conoscendola, non credo sarà facile fermarla.
– Questione dissidenti. Il governo cubano e i filocastristi italiani dicono che sono creature degli Stati Uniti. È vero?
Il governo cubano ha “risolto” il problema dei dissidenti, molto semplicemente e una volta per tutte, dichiarandoli tutti “mercenari al soldo degli Stati Uniti”. Che ci possano essere singoli dissidenti che ricevono qualche sostegno finanziario da Washington è possibile, anzi probabile. Del resto quando una persona è in odore di dissidenza, è votata alla morte civile e viene privata di ogni mezzo di sostentamento… Perde il posto di lavoro, incontra difficoltà amministrative di ogni tipo (telefono spesso isolato, elettricità costantemente interrotta ecc.), viene osteggiato dai vicini, i figli cominciano ad avere problemi a scuola, insomma diventa un paria sociale. E come farebbe a sopravvivere senza un minimo di sovvenzione o senza un modesto compenso per gli articoli e saggi che riesce a far pervenire all’estero? Ma le posso assicurare che le figure più rappresentative della dissidenza pacifica e democratica, da Oswaldo Payá a Cuesta Morua, da Miriam Leyva a Oscar Chepe, da Vladimiro Roca a Elizardo Sanchez, sono tutti contro qualsiasi ingerenza esterna e auspicano un dialogo genuinamente “nazionale” e di riconciliazione. Sempre si sono dichiarati ferocemente contro l’embargo americano che anzi - secondo loro - finisce per dare al regime un comodo alibi per coprire carenze e inefficienze che niente hanno a che vedere con el bloqueo. Pensare d’altra parte che las damas de blanco, inoffensive mogli, madri o figlie di prigionieri politici siano delle pericolose sovversive al soldo degli Stati Uniti, rivela della pura (e abilissima) propaganda. Si tratta in realtà di inoffensive signore che non svolgono alcun ruolo politico e che chiedono una sola cosa: la liberazione dei loro rispettivi congiunti condannati per reati d’opinione a pene pesantissime. Ma il governo cubano nega anche l’esistenza stessa di prigionieri “politici”. Si tratta solo di criminali comuni che hanno violato la legge cubana (anche se il reato commesso è magari aver scritto un articolo di critica al governo…).
– I blogger e i giornalisti indipendenti possono far sentire la loro voce a Cuba?
No, non hanno alcuna possibilità di far sentire la loro voce. Stampa, televisione, radio, tutti i mezzi di comunicazione di massa sono ermeticamente controllati dagli elementi più ortodossi del Partito. C’è un censura o meglio un’auto-censura che funziona a meraviglia. I dissidenti più in vista all’estero sono del tutto sconosciuti alla popolazione cubana. Le autorità giustificano il sistema con l’aggressività degli Stati Uniti, sempre pronti a “riprendersi il cortile di casa” e con l’embargo che pone il paese in situazione di gravissima difficoltà economica. Cuba, dicono le autorità, è praticamente in “stato di guerra” con Washington e non può permettersi di adottare gli standard europei di libertà di stampa, giacché una tale circostanza consentirebbe alla propaganda e agli agenti americani di sviluppare attività eversive nel paese. La libertà di stampa è un “lusso” che le autorità cubane non si possono permettere… Un lusso o, anche qui, un comodo alibi?
– Domenico Vecchioni scrittore. Quali sono le sue opere più recenti?
Dopo una breve storia dello spionaggio (Storia degli 007 dall’antichità all’era moderna (vol. I) e Storia degli 007 dall’era moderna a oggi (vol. II, Editoriale Olimpia) scritta con finalità essenzialmente divulgative per avvicinare il lettore, soprattutto i giovani, a un mondo spesso mal conosciuto e di difficile comprensione, più recentemente ho fatto per così dire un’incursione, divertente e divertita, nel mondo dei grandi truffatori e degli affascinanti raggiri. (I Signori della Truffa, Editoriale Olimpia).
Ringraziamo Domenico Vecchioni che si è reso disponibile e raccontarci la Cuba che ha avuto modo di vedere da vicino e da un angolo di osservazione molto privilegiato.
Gordiano Lupi