Dopo aver fatto trascorrere 763 giorni dalla richiesta della Exelgyn in base alla procedura europea del mutuo riconoscimento, 133 dall'approvazione della delibera Aifa per la commercializzazione della Ru486, finalmente dopo 52 giorni dal mandato del Cda Aifa è avvenuta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Una prassi che solitamente in 90 giorni si conclude ha avuto bisogno di quasi 3 anni...
Soddisfatti che la procedura si sia conclusa, forse ci dovremmo chiedere perché tanto tempo. Ma nel frattempo si è già riaperto uno stucchevole dibattito alimentato dal ministro Maurizio Sacconi e dalla sua sottosegretaria Eugenia Roccella sul ricovero ospedaliero.
La prassi del ricovero in day hospital per l'aborto farmacologico è certificata dalla relazione sulla 194 firmata dallo stesso ministro Sacconi. Testualmente: «due accessi in day hospital a distanza di due giorni per la somministrazione dei due farmaci, oltre ad una visita ambulatoriale di controllo in 14ma giornata». Ora ci dice che solo il ricovero ordinario sarebbe ammesso? Ma allora perché invece che consegnare quei dati in Parlamento lo scorso luglio non li ha portati in Procura?
Basta con questa manfrina minacciosa del ricovero ordinario, le donne che interrompono una gravidanza non sono delle pazze da legare al letto, e i medici che operano nel rispetto della legge 194 non sono dei sadici che abbandonano le pazienti nel dolore!
Nell'ultima relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194 datata 29 luglio 2009 (il giorno prima della delibera dell'Aifa sulla commercializzazione della Ru486!) e firmata dal ministro Maurizio Sacconi, a pagina 3 e 4 della sintesi e poi a pagina 30 e 31 della relazione vera e propria si riassume come dal 2005 (con sperimentazioni e con importazione diretta del farmaco) in istituti in alcune Regioni italiane si stiano realizzando aborti farmacologici e si preannuncia che dal 2010 sarà meglio identificata questa metodica grazie ad una scheda D12/Istat da compilare in ambito ospedaliero.
Donatella Poretti
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