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L’arte di raccontare. Il racconto di Shéhérazade. Sinbdad il Marinaio. A cura di Anna Lanzetta
08 Dicembre 2009
 

Leggere è  sognare, sognare è  volare, volare è immaginare, per dare corpo alla fantasia e creare ciascuno a suo modo un racconto.

Le parole vibrano nel pensiero, i pensieri vestono i discorsi, i discorsi si combinano e nasce così  una favola, un racconto o altro.

Certo è, che Shéhérazade veste i sogni da un tempo antico, da quando ognuno ha fatto suo il precetto che il mondo è un racconto; una voce la sua, che diventa storia del Tempo, degli uomini, del mondo. Storia, che si veste dell’estro di chi, combinando ambienti, personaggi, situazioni, nel genere preferito, scrive e immantinente il foglio vola e si veste dei toni del mistero, della favola, di una fiaba che dà i colori alla vita.

Ecco perché abbiamo proposto la lettura delle Mille e una notte,  per il piacere di leggere  e vestirci dei panni di Shéhérazade,  e raccontare poi la nostra storia, lei per stupire e incuriosire il re, noi per preparare il più bello tra i regali di Natale: il bimbo alla mamma, l’amico all’amica, lo scolaro alla maestra e così via. Un regalo divertente, un atto d’amore appassionato da imbustare e deporre accanto agli altri doni o forse l’unico, ma meraviglioso nel suo genere, e ancora di più se illustrato con la vostra visione della vita. Suvvia, grandi e piccini, diamo sfogo alla fantasia e non importa se per Natale, le risorse non saranno uguali per tutti, questo è un regalo che non costa moneta e sarà  il più bello, il più gradito, un inedito di una ricchezza infinita.

 

 

Le avventure di Sindbad il Marinaio

  

Sotto il regno di Harun-al Rashid, viveva a Bagdad un uomo chiamato Sindbad il Facchino. Un giorno, nell'ora del caldo più intenso, egli doveva trasportare un carico pesantissimo da un capo all'altro della città. Giunto in un vicolo ombroso rinfrescato da un vento leggero, stremato dalla fati­ca, si fermò per riprendersi. Accanto al portone d'ingresso di un bel palaz­zo vi era un largo sedile di pietra. Posato a terra il pesante fardello, si se­dette per riposare. Mentre stava così, sentì provenire dal palazzo profumi di pialli appetitosi insieme al suono di una voce incantevole accompagnata dalle melodiose note di un liuto e di un'arpa persiana. Pareva proprio la di­mora di un sultano e, preso dalla curiosità, il Facchino chiese a un servo che stava sull'uscio chi fosse il proprietario di quel magnifico palazzo. Gli venne risposto che il padrone era Sindbad il Marinaio. Il Facchino aveva sentito parlare delle immense ricchezze di quest'uomo e non potendo trattenere un moto d'invidia, esclamò:«0 Dio mio, imploro il tuo aiuto contro l'intensità della mia fatica e della mia pena! Tu fai ricco un uomo dedito all'ozio e rendi povero un altro che vive nella tua obbedienza. Il proprietario di questa casa si chiama Sindbad come me. Che ha fatto costui per meritarsi un destino così bello? Che ho fatto io per meritarne uno così doloroso? ».

Era ancora occupato a lamentarsi della sua infelice condizione, quando, proprio da quel palazzo, gli venne incontro un servo che lo invitò a entrare dicendogli che il suo padrone desiderava parlargli. Il Facchino, sorpreso e intimorito, lo seguì fino a una grande sala dove era radunata una numerosa compagnia intorno a una tavola riccamente imbandita. AI posto d'onore sedeva un personaggio dalla lunga barba bianca: era Sindhad il Marinaio. 11 Facchino, intimidito, salutò emozionatissimo tutti i presenti. 1l padrone di casa, dopo averlo fatto accomodare alla sua destra, lo trattò così ami­chevolmente che l'animo del Facchino si calmò. Quando lo vide rilassarsi. Sindbad il Marinaio gli chiese quale fosse il suo nome. «Mi chiamo Sindbad il Facchino. Sono un forestiero, il più povero che ci sia, non possiedo nulla».

 

Sorridendo, il Marinaio rispose: «Io mi chiamo come te. Ti ho fatto chia­mare perché tu mi ripeta il discorso che hai fatto poco fa davanti a casa mia. Io ero alla finestra e ti ho sentito».

A quelle parole il Facchino, confuso, balbettò: «Non serbarmi rancore per quelle parole. Ho parlato senza riflettere. Scusami». Il padrone di casa lo rassicurò e gli disse: «Sappi che sono diventato ricco con fatica e correndo molti rischi. Ascolta il racconto di quanto mi è suc­cesso nel corso dei sette viaggi che ho affrontato. Ti racconterò quanti tor­menti ho dovuto patire e quante situazioni terribili mi hanno messo alla prova. Si tratta di avventure sorprendenti e meravigliose». Sindbad il Marinaio ordinò dunque che qualcuno dei suoi servi portasse a destinazione il pesante carico del Facchino. Quindi riprese la parola e ini­ziò a raccontare la storia del primo dei suoi viaggi.

 

 

Sindbad racconta il primo dei suoi viaggi

  

“Chi vuole la gloria senza fatica, passerà la vita inseguendo un sogno impossibile."

«Mio padre era un mercante e alla sua morte ereditai una grande ricchez­za. Ero giovane e sciocco c non tardai a dissipare la mia fortuna in stravizi. Solo quando constatai che le mie ricchezze erano quasi finite, ritornai in me stesso. Decisi di fare il mercante come mio padre. Mi affrettai a riunire quello che restava, vendetti tutti i miei beni, acquistai tutta la merce che potevo e partii. Tutto quello che avevo ammontava a tremila monete d'ar­gento. M'imbarcai a Bassora con altri mercanti e cominciai la mia atti­vità».

     

Sindbad il Marinaio, per tutta la sera, narrò le straordinarie avventure del suo primo viaggio che dal porto di Bassora lo aveva spinto attraverso l'O­ceano Indiano fino all'arcipelago delle isole Cocos, a Sumatra e nel Regno lndo-Malese. «Subito iniziai ad affrontare i forti disagi che mi procurava­no le onde e l'incessante rollio della nave. Il viaggio durò circa due anni.

Un giorno, insieme ad altri compagni, approdammo con le scialuppe su un'isola. Ahimè, era in realtà l'enorme dorso d'un pesce mostruosamente gigantesco. Quando il capitano s'accorse del terribile errore e ci richiamò, era ormai troppo tardi. Vedevo allontanarsi rapidamente la nave, mentre il mostro sprofondava nelle profondità marine. Per un giorno e una notte ri­masi aggrappato a un relitto in balìa del mare in tempesta. La corrente mi condusse su un'isola e presto scoprii che si trattava del regno del Maharajah. Venni accolto, ascoltato con profondo rispetto e aiutato. Presto en­trai in contatto con i mercanti indiani e imparai a conoscere gli usi e le abi­tudini di quei popoli e le loro ricchezze, quali la grande abbondanza di ca­valli e di cammelli.

Per parecchio tempo mi ritrovai a svolgere un incarico di funzionario alla corte del re e ne trassi potere e onori. Desideravo tornare a Bagdad, ma nessuno conosceva la mia città e non trovavo navi che facessero rotta in quella direzione. Un giorno approdò una nave il cui capitano, mentre face­va scaricare le varie mercanzie, dichiarò che ve n'erano alcune appartenu­te ad un uomo morto durante il viaggio. Egli aveva intenzione di venderle per portare il ricavato alla famiglia del defunto, così come voleva il codice del mare. In breve scoprii che quelle mercanzie portavano il mio sigillo e riuscii a dimostrarlo. Il capitano aveva stentato a riconoscermi, perché in seguito alle traversie che avevo patito, il mio aspetto era mutato. Tornato in possesso delle mie merci riuscii a venderle e a fare commercio con i prodotti tipici di quella città. Quindi potei riimbarcarmi e raggiungere Bas-sora. Di lì, presto mi diressi a Bagdad. Avevo realizzato centomila monete d'oro. Comprai una casa e vissi felice con la famiglia». Al termine del racconto, Sindbad ordinò di servire la cena e quando questa stava volgendo al termine ordinò al suo tesoriere di portare cento monete d'oro per Sindbad il Facchino. Quindi rivolgendosi all'ospite disse: «Ora vai a casa, ma domani torna qui, mangeremo insieme e ti racconterò l'av­ventura del mio secondo viaggio». Il Facchino tutto contento ringraziò. Il giorno dopo si ripresentò dal generoso ospite. Nella più calda cordialità Sindbad il Marinaio riprese il suo racconto. (Da Mille e Mille note per narrare)

   

E noi lo seguiremo nella prossima puntata…

  

Ps. Nel racconto  Bagdad è una città  fantastica con palazzi bellissimi e Bassora, un porto di spezie e di ricchi tessuti. Città da Mille e una notte… purtroppo oggi la realtà è un’altra e questo  è un triste racconto di una guerra inutile.


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