Non so se l’autore del libro, regalatomi per il mio “invecchiamento” dalla Minta di Boiröl, che si chiama Antonio Boscacci, abbia sbagliato secolo o il tipografo abbia sbagliato date. Il romanzo da lui scritto per le Edizioni Nuceröla (2008, pagg. 324, € 15,00), pur essendo ambientato esattamente un secolo prima che io nascessi, descrive la mia e la gioventù della mia generazione. Episodi, fatti, personaggi, cultura di un lasso di tempo che ha attraversato appunto un secolo di storia locale. Quella di Albaredo per San Marco (SO), dove io sono nato e vissuto sino a dieci anni, e contrade limitrofe. I soprannomi delle persone descritte nel romanzo, sembrano ricalcare quelli dei miei ricordi lontani: ‘l me aaf Pep di Napùi. L’otru aaf Ernestu di Vegett. ‘L Toni e ‘l Migliu Cap che erano fratelli. Miria la Rusa e Pedru Peza (mio padre e mia madre). I Tarlenda, i Mic, ‘l Giuanìn de la Ciazzöla. ‘L Tinu Muta, la Rosa Cumàra, ‘l Ginu Galina, ul Menech Girèla…
Tutti ancora... attuali, ereditati dai loro discendenti. Così ad esempio le bestie: i Niùla avevano e hanno ancora una vacca che si chiama Biunda; calcolando che una vacca campa mediamente dieci anni, significa che sono passate cinque generazioni di Bionde a quattro zampe. Poi c’erano ‘l Garibaldi, l’Alpino u l’Alpina, ‘l Mantuva, la Coira, la Cerva… Soppiantate negli anni sessanta dai nomi dei cantanti o delle squadre di calcio: la Giuve, la Patty, la Mina… Ricordo un nome strano, una ventina di anni fa: la Crotopilda… Appena trovo il tempo, più che l’ispirazione, scriverò qualcosa su questa bestia. Adesso hanno tutti nomi inglesi o quasi. L’altro giorno ho scoperto (mia figlia stava facendo le pulci ai nomi sulla guida telefonica) che il nome Redo deriva da un fratello e una sorella: Alba e Redo, uguale Albaredo… Eusangelo? I due nonni si chiamavano Eusebio e Angelo… Scribacchio col computer, so fare qualche foto, conosco il francese e l’ultima/o capretta/o che ho acquistato l’ho chiamato Brenda… Cültüra o Cultura?
Per non parlare dei luoghi: i Caap de la Pila, Faii, Egul, Baitridana, Vöef, Betapulars, Fop, Filighecc, Dos lung, la Riva, Masunöva, Brüsada, Canalùn…
Odore di merda, il titolo del libro, mi ricorda che noi si usava erba e foglie per pulirsi il culo. Nel libro i ricchi usavano i cücul del granoturco che cambiavano ogni volta… a differenza del Carlo, il nostro eroe che, essendo della “banda” dei poveri, lo usava più volte e spesso se lo confondeva perché non si ricordava in quale buco del muro del cesso l’avesse infilato per la prossima bisogna. Anche noi facevamo a gara a farci le pippe sul fienile, ma questo più tardi, quando oramai mi ero trasferito a Morbegno. Giù ai Prati Grassi: il Pierangelo rubava cento lire in negozio e poi si andava in edicola a comprare un giornale a tiratura nazionale dei “fascisti”, che loro potevano farlo perché avevano i soldi. In mezzo, allegate, alcune stampe di gnocche nude… e via a smanettare… La natüra l’avevo già conosciuta alle büdeleère di Egul, dove il mio nonu Pep si recava con le vacche a fa sü ‘l Matüsc di Barilocc, prima di andare in Alpe Piazza a fa la stagiùn de munt. Una frase del libro riassume quella che è stata, e forse in qualche parte del mondo lo è ancora, la cultura contadina: «un figlio se ti muore, lo puoi ancora fare, ma una vacca la devi comprare…».
Una strenna anche per i miei paesani e coetanei. Correte a comprarlo e ringiovanirete di cinquant’anni. Parola di Alfredu ‘n Riis.
Alfredo Mazzoni