ROMANZO SICILIANO
(qualunquista per compagno e per fascista)
BEPPE COSTA
1984, Pellicanolibri Edizioni - Catania
Inediti rari e diversi
scelti da Dario Bellezza
6
Risvolto
Uno sparo. Il tempo rallenta. Il protagonista aspetta col cuore in gola 'che effetto fa' il suicidio. E in un tempo dilatato, deformato dall'attesa (eppure breve), ripercorre se stesso, si rivive ancora un po'. Riaffiorano i ricordi, ora incalzanti, rabbiosi, quasi cronachistici, ora più pacati, meditati, amari.
A questi fanno volutamente riferimento due registri stilistici diversi e abilmente dosati. Il primo, irruente, prende a prestito il linguaggio parlato nelle sue sfumature gergali (come l'ormai vituperato 'sinistrese'), l'altro essenzialmente lirico.
Immutate risorgono le angosce e le delusioni di chi, come Marco, ha sempre vissuto 'fuori', incapace di capire come e perché le cose vadano in modo che per lui è il meno logico possibile.
Amore e odio, come vita e morte, come ancora reale e surreale si alzano in un solo grido che investe ad un tempo una terra agonizzante, la Sicilia (ma anche il sicilianismo), e ancor più l'umanità nel senso più ampio che, abituandosi a tutto, non ricorda quasi mai come "siamo sempre così bravi a imparare tutto tranne che a vivere".
A quest'umanità di cui non riesce più a cogliere schieramenti e posizioni, allorché è sempre più difficile distinguere una destra da una sinistra, un partito da un altro, l'autore decide di dedicare queste pagine dall'emblematico sottotitolo: Romanzo qualunquista per compagno e per fascista. Ma il dichiarato qualunquismo di Marco (che tale non è), se non ci si lascia sviare dalla sottile vena ironica che serpeggia ad ogni rigo, esprime con forza un amore urlato, vissuto in pieno, più volte rattoppato e poi definitivamente lacerato dai fatti.
Ancora una volta, come già nelle poesie e nelle opere di teatro, l'ironia, che 'naturalmente' sconfina nel surrealismo, appare la componente fondamentale della scrittura di Beppe Costa. Ma qui ormai, più che lasciarsi andare ad una risata beffarda, si ripiega su se stessa soffocata da un'amarezza incontenibile.
Ed è così che quest'arma feroce costantemente si frammette fra l'autore e il suo protagonista (o il suo alter ego, si è tentati di dire), arriva a ferire anche le cose più amate e nuovamente le fa soffrire sino alla fine quando il protagonista, ormai svuotato, giunge al suo stadio iniziale: "Marco - ovulo".
Anna Maria Galvagna
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In copertina:
acquerello di Domenico Pertica
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Beppe Costa (Catania '41) da oltre vent'anni promuove iniziative culturali in Sicilia, impegnandosi specialmente nel campo dell'editoria e del teatro. Ha pubblicato due raccolte di poesie, Una poltrona comoda (1970) e Un po' d'amore (1974) ed un testo teatrale Metamorfosi di un concetto astratto in due tempi con accompagnamento di ottavino (1982). Collabora alla RAI e al Giornale di Sicilia.
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PREFAZIONE DI ANTONELLA AMENDOLA
Esiste da sempre una ‘questione meridionale’, molti sono gli scrittori affascinati dal mito del sud, sia il sud fonte di bellezze estetiche, o piuttosto quotidianamente, di intricati sviluppi morali e politici.
Questa è la letteratura del sud.
Così la apprendiamo dai testi dei maestri, siano essi ‘Tomasi Di Lampedusa o Sciascia, siano essi i sociologi, quelli che impropriamente chiamiamo mafiologi, Michele Pantaleone ha nutrito un’intera scuola di cittadini finalmente onesti.
Ma, in questo libro di Beppe Costa, il sud, il mezzogiorno, la mafia, tutti i problemi sociali inerenti a una società civile in dinamico e affrettato sviluppo, subiscono, quasi per la forza dinamica e dirompente della parola, un’inaspettata e pirotecnica soluzione...
Non c'è, ovviamente, un modo di porre punti definitivi al complesso groviglio di situazioni, emozioni, idee che ci stimolano.
Così, il protagonista del libro denuncia, anche in una impietosa analisi, quello che vuol dire oggi essere un intellettuale meridionale.
Non la trita immagine dell'intellettuale organicistica di tipo gramsciano, non ammiccamenti, nessuna concessione nel movimento delle idee, rapido e in qualche modo forsennatamente ciclonico. Il protagonista di questo libro è la nostra 'buona' coscienza, la coscienza dilaniata tra gli eccessi, le ridondanze, gli scarti improvvisi, somma in una dialettica tra parole ed essere.
Addirittura, il protagonista di questo libro può essere inteso quale un amletico principe: “C'è del marcio nel regno di Danimarca” dice l'eroe del trono nordico.
Ancora oggi, a tutt'oggi il protagonista, specchio biografico di Beppe Costa, lamenta lo sfascio, la putredine, l'inumana trama di rapporti interpersonali, che fanno da sfondo a vicende quotidiane, incredibilmente romanzesche.
Non è romanzo il grido di dolore che si muove da queste pagine, non è romanzo la triste e complessa vicissitudine di un editore di avanguardia al sud.
È soltanto la verità.
Antonella Amendola
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