Appena alzata mi sono messa a tagliare le stelle come voi tutte è il suggestivo titolo dell’opera prima della poetessa chiavennasca-pavese Barbarah Guglielmana. Un nome noto ai lettori del Gazetin per i suoi versi già apparsi sulle pagine del nostro mensile.
Il libro raccoglie i testi scritti dall’autrice in più di dieci anni di lavoro poetico (dal 1995 al 2009). Avere tra le mani un libro di poesie è sempre una cosa grande, immagino quindi per l’autrice la gioia della pubblicazione, la soddisfazione di trovare “una terra di carta e una casa di pagine” al proprio lavoro. Questi testi colpiscono per la loro intensità emotiva e perché intrisi di molta “femminilità”. Sì, al di là del fatto che l’autrice sia una donna, questo libro sembra voler parlare fortemente del mondo visto al femminile. Qui si trovano storie, ritratti, riferimenti autobiografici, spezzoni di immagini, ricordi… Barbarah ci colpisce con la sua voce a tratti leggera e a tratti forte, quasi cruenta. Il linguaggio poetico utilizza registri sia lirici che prosastici con una forte semplicità di parola.
Nella sua dedica l’autrice cita questi versi di Carlo Levi: «La farfalla di primavera/ vola oltre i cancelli/ brillando con sguardi di danza». Momenti di ariosità quindi alternati a testi emotivamente coinvolgenti come nella poesia “Volo qui” dove il volo non riesce alla nostra autrice «allo stremo delle forze/ scelgo d’aggrapparmi/ al palo della bandiera», questo volo a volte leggero e ispirante, ma che bruscamente scende sulla nuda terra per raccontarla. Barbarah sembra voler essere narratrice, di sé e degli altri, delle altre donne che la circondano, che segnano e riempiono la sua vita. Nel primo testo “Ragazza romantica” ci si lascia guidare proprio in un susseguirsi di ritratti femminili e sembra l’apertura giusta per questo libro. La femminilità è infatti un tratto esplorato in tutte le sue sfaccettature: angoscia, tristezza, leggerezza, semplicità, paura, abbandono. Non per niente il titolo di questo “libercolo”, come lo chiama l’autrice, è proprio una frase di un’amica che ci conduce al tema delle donne maltrattate, a cui è dedicato il libro, e a cui andranno i suoi proventi (il ricavato dell’opera andrà infatti all’associazione di volontariato Donne contro la violenza di Pavia, ora Cooperativa LiberaMente).
Le donne del libro sono “piccole” come nella poesia “La natura morta” dove leggiamo questa bella chiusura: «una casa di caldarroste abita una piccola donna,/ indaffarata/ al cambio d’acqua di un vaso bianco,/ senza fiore». Le protagoniste sono anche intrise di emotività come possiamo leggere ne “La pioggia degli alberi”: «Sotto un albero ho confuso le mie lacrime per te/ con i giochi bagnati degli uccelli,/ Nascosta dal loro divertito cinguettio». Sono anche chiuse nella propria angoscia e nella propria tristezza come nei testi “Inoltre volevo dirti”, “La camicia sotto la pelle”, “Sto male” in cui leggiamo «per quella triste/ solitudine/ che circola nell’aria/ continuo/ a respirarla».
Nel suo insieme, nelle sue quarantuno poesie, il libro ha una forte tenuta e ci riporta all’opera di poetesse quali Vivian Lamarque e Patrizia Valduga. Molti testi sono invece ispirati ai temi della natura, che è un altro dei luoghi della femminilità esplorati dall’autrice. Faccio riferimento a testi quali: “Il gioco delle nuvole” o “La foglia invecchiata della rosa” in cui leggiamo questa suggestiva chiusura: «S’apre una nuvola ad un raggio di sole./ E la lacrima si fa diamante». È proprio questa leggerezza della natura che irrompe in queste poesie, a scorrere “Un cielo per la palude”, “L’acqua novembrina”, “Piccola estate”, “D’estate la sera”, quest’ultima che vorrei riportarvi in toto per la sua bellezza: «Scivolano sul dondolo della veranda/ Piogge di temporali, sciame di umani insetti/ Ad arco un arcobaleno, bianco di nuvole./ Sotto la terra ho pianto». C’è anche la dimensione della “corporeità”, la ritroviamo nella poesia “Le cosce”: «Le cosce non perdono il sapore di certi momenti,/ anche sotto la pioggia asciutta», così come nelle poesie “Millequattrocento”, “L’arido asfalto”, “Destinata”.
I ritratti delle donne di questo libro sembrano comporre un album che l’autrice ha raccolto, ordinato e conservato negli anni per donarcelo in questo importante parto poetico. Nello scorrere dei versi si ritrovano momenti di poesia intensa. «E insieme parole mute e fiori senza petali,/ e intanto crescevamo e perdevo il sogno» oppure «Fredda, in un cielo di stelle di fine estate,/ La luna, quasi nascosta dietro le piante nere,/ va scoprendo la piccola ombra dell’uomo,/ Cancellandola». In alcuni punti il verso sembra voler chiamare ad una maggiore profondità, aspetto che rappresenta una sfida per il lavoro di tutti gli attenti ed impegnati nell’evolversi della propria poetica. Barbarah ci lascia con l’ultima poesia “E uscirò ancora”, poesia liberatoria e incalzante che sembra spingerci ad uscire, senza paura, con la fronte aperta e la mano sul cuore… «E infine uscirò di casa/ per vedere che uscire è rientrare in altro/ di se stessi»… Alla nostra autrice i miei migliori auguri di buona nuova partenza.
Colgo l’occasione per segnalare anche il sito dell’autrice www.barbarah.info molto bello e ben curato in cui si possono leggere numerosi testi inediti.
Massimo Bevilacqua
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Regalo di Natale
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(dalla “Bottega letteraria” n. 43 – 'l Gazetin, novembre 2009
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