L’articolo di Piero Cappelli capita a proposito. Mentre sono costretto a intervenire oggi su Tf, nel mio ruolo di Direttore, per ricordare che se Tf ospita ogni voce-scrittura in modo liberale, libertario e cristiano, è opportuno che la politica su queste pagine non si riduca a specchio ripetitivo e infranto in frammenti sempre più minuscoli di quanto avviene sulla stampa o in TV, scambiando il giornale per un contenitore neutro dove singoli, associazioni, partiti, movimenti possono pubblicare cosa vogliono e quando vogliono,… scopro con piacere che il mio auspicio - rivolto a Diario di Bordo e a chi vi collabora - che maturino forme originali di scrittura, di dibattito, di intreccio carta-web, trova in Piero Cappelli, curatore di I care…Communications, la sua valente realizzazione. Cappelli ha riversato in Tf, su mio invito, la sua trentennale attività di cattolico del dissenso e di giornalista, di studioso della Chiesa e dei linguaggi in essa operanti, ha diffuso l'Annuario TELLUS, ha operato linkaggi del giornale, ha dialogato su Tf con Baget-Bozzo, (produttivo scambio Destra-Sinistra) e sul giornale stesso ha fatto crescere la sua riflessione poi riversatasi nel libro, edito di recente, “Lo scisma silenzioso-Dalla casta clericale alla profezia della fede", citato da Vito Mancuso su “Repubblica”. Questa è la prassi che propongo, nel mio ruolo di Direttore di TELLUSfolio, a chi collabora o cura sezioni nel giornale stesso. E questo modo di procedere avrà, sempre più, da me, sostegno, fino a modellare il giornale intorno a tali scritture. Ottenendo che il mezzo tecnologico nuovo proponga anche linguaggi nuovi.
Claudio Di Scalzo discalzo@alice.it
Piero Cappelli e lo Scisma silenzioso nel dibattito sulla Chiesa di oggi
“Se i cattolici disobbediscono alla Chiesa e al Papa” (Repubblica — 21 novembre 2009, pag.44, sezione CULTURA). Scrive il teologo Vito Mancuso: “Dieci anni fa Pietro Prini pubblicò un libro che fece scalpore: Lo scisma sommerso (Garzanti). Oggi Riccardo Chiaberge, direttore del supplemento domenicale del Sole 24 Ore, ripropone il medesimo sostantivo ma senza aggettivi: Lo scisma. Cattolici senza papa (Longanesi). In effetti il Codice di diritto canonico qualifica lo scisma proprio così, come «rifiuto della sottomissione al Sommo Pontefice», e lo sanziona con la scomunica latae sententiae. Ma cosa sta succedendo perché uno dei più profondi filosofi cattolici quale fu Prini e uno dei più acuti giornalisti qual è Chiaberge giungano a usare un termine tanto impegnativo? Né sono i soli, si veda anche Piero Cappelli, Lo scisma silenzioso (Gabrielli) e Per un cristianesimo adulto, 28 interviste a cattolici poco obbedienti a cura di Giorgio Pilastro (Abiblio) [...]”.
E’ così che “lo Scisma silenzioso” sta prendendo piano piano interesse più allargato, perché se fosse per i cari confratelli nella fede cristiano-cattolica questo libro sarebbe morto prima ancora di nascere. Eppure nemmeno i più conservatori che oggi siedono sulle poltrone papali e vescovili di questa nostra chiesa italiana e vaticana sanno che – paradosso della sorte – quel titolo gli è stato dato da un grande teologo conservatore come don Gianni Baget Bozzo, morto lo scorso maggio improvvisamente, mio carissimo amico al di là delle sue idee teologiche e politiche. Infatti la tecnica adottata dai curiali è quella dell’indifferenza, del lasciare che muoia da solo. Un tempo stromabazzavano a destra e a manca recensioni negativissime, ma poi scoprirono che era il modo migliore per far vendere i libri alla concorrenza. Ora, invece, adottano il silenzio stampa e così addio.
Il termine ‘scisma’ non parte da Prini dieci anni fa, ma dal sottoscritto che nel 1996 quando scrissi su la rivista “Il Tetto” di Napoli alcuni articoli proprio sullo scisma silenzioso presente nella Chiesa cattolica che già allora rilevavo minare la collegialità e soprattutto la comunione ecclesiale, ieri; oggi ancora molto di più. Di fatto i volumi sullo scisma intestino alla Chiesa cattolica sono aumentati e l’argomento salta sempre più spesso nei dibattiti religiosi e culturali.
Per cui Benedetto XVI può anche raccogliere e convocare gli artisti tra le mura del Vaticano come ha fatto alcuni giorni fa, ma purtroppo con questo non ripara le invettive e le condanne pronunciate sul mondo dissoluto e epicureo del presente e non sana con un incontro regale il divario tra chiesa istituzionale e mondo della cultura. Anche lo stesso mons. Ravasi, che ha preparato l’iniziativa e l’ha spiegata sia in un’intervista a Gabriella Caramore durante la trasmissione radiofonica “Uomini e profeti” di sabato 21 novembre e la scorsa domenica sulle pagine culturali de IlSole24Ore, ha pronunciato parole di entusiasmo che poi non sono risultate avere consistenza pratica nel contesto successivo alla serata. La ricorrenza di quando Paolo VI (1964) inaugurò e poi Giovanni Paolo II (1999) ripercorse con una lettera agli artisti, non è sufficiente per giustificare l’iniziativa che invece spinge molto sul pedale dell’immagine, ma non della sostanza. Inoltre l’altra sera in Vaticano c’è stata una tale confusione che ha reso molti dei partecipanti (260) smarriti, per lo più italiani. In genere i Tg e diversi giornali non hanno approfondito l’evento, sempre per quel falso rispetto reverenziale tutto italiano verso i sacri palazzi. Le testimonianze dirette di chi vi ha preso parte lo dicono molto chiaramente e noi le abbiamo sentite raccontare in prima persona specie nella visita alla Cappella Sistina.
Chiudo con una domanda che rivolgo a papa Benedetto XVI e a mons. Ravasi: perché non organizzate una bella iniziativa simile con tutti i gruppi del cosiddetto ‘dissenso socio-teologico’, cioè con quei mondi del ‘pianeta cattolico’ che vengono sistematicamente ignorati dalla Curia romana se non anche condannati e discreditati o perseguitati come molti teologi troppo avanguardisti?
Potrebbe essere una gran bella occasione, non solo per conoscersi e per dialogare direttamente, ma anche per scusarsi, da parte della massima autorità cattolica, a in nome di tutta la Chiesa, come fece Giovanni Paolo II per tutte quelle volte che gli uomini dell’istituzionale ecclesiastica aveva (ha?, continua…?) offeso parte del genere umano, facendo soffrire uomini e popoli, in un modo o nell’altro.
Ecco, oggi potrebbe essere l’occasione per guardarsi in faccia e condividere insieme una preghiera per una maggiore comunione ecclesiale in nome dell’unico Signore e Maestro Gesù Cristo. E poi trovare i modi per incominciare a tessere – nei ‘luoghi’ teologici di scambio, di dialogo e di confronto senza reciproche condanne e senza scomuniche – una reciproca fraternità umana e spirituale. Cioè condividere la bellezza di un’accoglienza interiore ed esteriore in cui reciprocamente si progredisce nel rispetto e nell’amore vicendevole: ritrovare insieme la gioia di essere figli dello stesso Padre e fratelli nella stessa Chiesa! Chiedo troppo?
E’ lecito pretendere, oggi come oggi forse impossibile?, un cammino di comunione ecclesiale che richieda, come dice Vito Mancuso, una capacità a saper leggere – da parte della gerarchia cattolica - “con più attenzione e più amore” quei “segni dei tempi” che Gesù ci ha insegnato a decifrare con umiltà sotto il segno della Croce?
Piero Cappelli